8 Mag 2023

Marco Rossano (Dir. Premio Fausto Rossano): “Lavoriamo nelle scuole perché ci sono gli adulti del futuro. Dobbiamo insegnare la consapevolezza nell’utilizzo degli strumenti tecnologici”

Marco Rossano, documentarista e sociologo visuale, ha presentato ai microfoni di Radio Shamal il “Festival Studentesco Cinema del Sociale”, una kermesse, dall’intento puramente pedagogico, che mira ad alfabetizzare studenti e studentesse al linguaggio e alle tecniche cinematografiche, insegnando loro un uso più consapevole e cosciente dei nuovi mezzi di comunicazione social. L’iniziativa è realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC e MiM.

Il percorso formativo e pratico dura per tutto l’anno scolastico e termina con una giornata finale di premiazione e di proiezioni di tutti i corti che hanno partecipato alle selezioni, alla presenza degli studenti autori delle opere che avranno così la possibilità di incontrarsi, conoscersi e condividere insieme la loro esperienza.

Il nostro progetto, che vedrà la sua ultima fase al Cinema Modernissimo di Napoli, ha l’intenzione di utilizzare il linguaggio cinematografico, accanto alle tematiche sociali, per fornire ai ragazzi e alle ragazze delle scuole delle periferie napoletane un modo più consapevole dell’utilizzo non soltanto dello smartphone ma proprio dell’uso dell’immagine, insegnando loro a veicolare meglio i messaggi attraverso social e telefonini. È fondamentale farlo, viviamo in un mondo digitale, i telefonini ci bombardano ogni momento di immagini e i più giovani hanno bisogno di maggiore consapevolezza nell’uso di questi strumenti, considerati quasi “il male” dagli adulti. Il mezzo è neutro, siamo noi a dover dare degli input ai più giovani per fargli capire che il telefonino si può usare non solo per selfie e balletti su Tik Tok. Questo, però, non è solo un problema dei ragazzi: noi lavoriamo nelle scuole perché ci sono gli adulti del futuro, persone che poi dovranno insegnare ad altri ad usare questi mezzi.

La tecnologia avanza velocissima, quello di cui parliamo oggi sarà già superato tra 5 anni, è importante però “l’occhio” con cui vedi un’immagine, le parole che utilizzi quando trasmetti un messaggio. Sensibilizzare all’uso consapevole dell’immagine, unito al sociale, è fondamentale per tutti.

Questa è una generazione, a dispetto di quello che si pensa solitamente, pensante, attenta a molti temi e che con questi strumenti ci è nata…

E’ vero, tra l’altro i social rappresentano una parte della nostra società odierna. Quello che succede su queste piattaforme è ciò che accade poi nel “mondo reale”. Gli adulti, ma questo è un po’ un problema di tutte le generazioni, vedono nei ragazzi dei perditempo, mentre invece io ho sempre imparato tanto dagli studenti durante il mio lavoro nelle scuole. Il confronto è il modus che dovrebbero adottare i docenti e tutti quelli che lavorano con i giovani, non si può pensare, in un mondo in cui la comunicazione è tutto, ad un’idea di educazione in cui inserire una nozione da qualche parte nella testa di qualcuno. E’ un modo antico di pensare all’istruzione e alla formazione, va ripensato l’intero sistema scolastico per andare incontro alla realtà del mondo contemporaneo.

La giornata finale è prevista al Cinema Modernissimo per il prossimo 13 maggio e prevede la proiezione dei cortometraggi realizzati dai partecipanti nelle scuole. Dietro c’è tutto un processo di alfabetizzazione al linguaggio del cinema e sensibilizzazione al sociale, fatto dal regista Luca Salzano in sei scuole napoletane e ognuna ha realizzato un proprio corto. Abbiamo cercato di spezzare la routine, questo tipo di progetto va a valorizzare le capacità (spesso inespresse) di ragazzi e ragazze. Gli studenti delle periferie, poi, soffrono lo stigma della periferia, lo stereotipo di vivere in zone difficili di città difficili e lo fanno proprio inconsapevolmente; mi è capitato di sentire professori dire “ormai questi ragazzi sono persi”. Come si può dire questo di ragazzi di 15 anni? Hanno tutta la vita davanti e vanno ascoltati. Bisogna valorizzare e far emergere la bellezza.

Come si fa a far capire tutto ciò non solo ai ragazzi ma anche ai docenti?

Non bisogna mai generalizzare, dipende dalle persone e dalle situazioni. Ci sono tantissimi docenti che vivono questo mestiere come “insegnante di vita”, il problema è sempre a monte, istituzionale. Negli ultimi anni il lavoro dell’insegnante è diventato un ripiego per chi non sa cosa fare. Come si possono trasmettere insegnamenti e valori se lo si fa per ripiego, per denaro? Tutto questo andrebbe ripensato. Un docente stimolato troverà uno studente stimolato, non aspettano altro i giovani.